giovedì 22 luglio 2010

La storia di Alice

Parte 1
"Oh Bella, è grazie a te e alle tue preziose informazioni se oggi conosco finalmente il mio passato, la mia vita umana, e posso collegarla alle mie esperienze d vampira."


Quelle parole mi lasciarono basita. Davvero Alice aveva ricostruito la sua intera vita solo con le poche informazioni che ero riuscita, tra dolore e paura, ad apprendere da James? Allora ero ancora debole e umana e il mio Edward non era ancora mio marito...che brutti ricordi!

La mia sorella preferita stava seduta di fronte a me sul tappeto di casa Cullen mentre il resto della nostra famiglia era occupata con i soliti passatempi serali: Esme canticchiava un motivetto mentre tratteggiava lo schizzo di un appartamento; Carlisle, come al solito, leggeva un grosso volume; Emmet tentava invano di battere mio marito a scacchi; Jasper strimpellava con una chitarra (da poco aveva sviluppato una passione improvvisa per la musica); infine Rose pettinava dolcemente i riccioli di un angelo dai capelli ramati. L' angelo mi sorrise amichevole: mia figlia Renesmee, che ormai aveva l'aspetto di una quattordicenne pur avendo solo nove anni, adorava farsi spazzolare i capelli.

Alice sorrideva felice al pensiero di conoscere finalmente anche il passato oltre al futuro e io mi chiesi se non fosse riuscita a raggiungere quell'onniscienza virtuale che Aro, il nostro antico nemico, desiderava da sempre.

Lei aveva passato molti mesi in giro per Boston, la sua vecchia città, a cercare informazioni sulla sua famiglia e quella sera era in vena di sciogliersi nel suo nuovo, succoso racconto autobiografico.

Non la delusi e le chiesi di raccontarmi la sua storia, ma lei improvvisamente smise di sorridere e assunse un' espressione oscura e minacciosa:"Ti avverto Bella, questa non è una storia divertente nonostante abbia un lieto fine". Io risposi sarcastica:"Ti prego Alice! Smetti di fare la melodrammatica e inizia!"

La sua espressione si aprì in un sorrisetto malizioso e una luce le brillò negli occhi mentre prendeva fiato e iniziava a raccontare:"All'inizio erano solo informazioni sparse, ma finalmente, dopo averle assemblate, sono affiorati molti ricordi autentici e ho potuto collegare i fatti alle emozioni, tanto da poterti fornire il vero e proprio 'Romanzo di Alice'.



Nacqui in una famiglia agiata dell'inizio del 20° secolo, precisamente nel 1925. Mio padre era un uomo di larghe vedute e, dalla baracca che aveva ereditato da quel fannullone di mio nonno, era riuscito a far nascere una fiorente industria tessile. Si chiamava Jeremy Brandon e io assomigliavo molto più a lui che a mia madre sia per carattere (eravamo entrambi timidi e silenziosi) che per abitudini (solevamo passeggiare in giardino o leggere nel piccolo gazebo sul retro).

Mia madre, Georgiana Brandon, era l'esatto opposto: arrampicatrice sociale, bella, frequentatrice attiva della società e delle feste mondane, dotata di una lingua tagliente e spesso responsabile di malelingue.

Avevo anche una sorella, che assomigliava a mia madre tanto quanto io ero simile a mio padre. Cynthia era paragonabile a Rosalie da umana, sia per bellezza che per carattere: era innamorata della ricchezza e passava di festa in festa lanciando occhiate eloquenti agli uomini in sala o dispensando sorrisini maliziosi a destra e a manca. Nessuno poteva dirle cosa doveva fare, nemmeno mia madre, che, nonostante ciò, continuava ad essere orgogliosa della sua volubile primogenita, che tanto le assomigliava.

Al contrario mia madre non riusciva a capire come una creatura tanto timida e insicura qual'ero io potesse essere uscita dal suo ventre. Da umana ero piuttosto insignificante e silenziosa, nessuno mi notava al fianco della mia splendida sorella, ma io non cercavo la notorietà o un buon marito, trovavo la felicità semplicemente nel guardare una farfalla, una foglia o la pioggia; avevo un'anima di bambina che si risvegliava soltanto quando le si affiancava uno spirito affine, quello spirito era mio padre, che era così simile a me da capirmi con un solo sguardo.

Da quando ero nata ero sempre vissuta nel mio mondo e mia madre, con quella sua aria insoddisfatta che aveva tutte le volte che mi guardava, mi chiamava ‘Alice in Wonderland’ ; ma fin qui nulla di strano, in fondo ero solo una bimba chiusa e timida.

Le prime stranezze nel mio comportamento cominciarono a manifestarsi all’incirca quando avevo sedici anni, infatti, quando ero sola nella mia stanza o sotto il ciliegio in giardino, delle strane immagini mi affollavano la mente, come dei sogni ad occhi aperti improvvisi e inaspettati, veloci, fulminei ma soprattutto incomprensibili, vedevo i volti dei miei familiari, della servitù, ma anche di estranei visti alle feste, tutti mescolati in un formidabile intreccio di colori.

La cosa strana e allarmante era che poco tempo dopo che avevo avuto queste ‘visioni’ rivedevo qualcosa di simile nella realtà quotidiana, come un de-ja-vù. Quando ne parlai a Cynthia il suo unico commento fu ‘Torna nella realtà sorellina, soprattutto comincia ad andare a caccia di un marito!’

Ebbi queste esperienze molte volte, ma sempre indistinte e poco chiare, finché non compii diciotto anni.




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